Come Associazione condividiamo il Pensiero della collega Dott.ssa Carla Longhi

Oggi leggendo i giornali ho provato tanta compassione per quei familiari di pazienti deceduti per Covid 19 che raccontano la tristezza di non aver potuto stare accanto ai loro cari nelle ultime ore, tenergli la mano e sussurrare parole di consolazione  e di amore. E poi minimizzare i riti del lutto e del cordoglio, non poter partecipare alla vestizione, chiudere la cassa il prima possibile rinunciando anche all’ultima carezza, impedire la presenza intorno al feretro di chi vuole loro bene e che vorrebbe sostenerli nel dolore.

Oggi, a pochi giorni dal decennale della promulgazione della legge n° 38 del 15/03/2010 sul diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore,  ancor di più sento forte il senso della mia scelta di essere medico di cure palliative, quelle cure che non lasciano soli il paziente e i suoi cari davanti alla morte, che li accompagnano minimizzando le sofferenze sia fisiche che psicologiche, che difendono la dignità del corpo e dello spirito devastato dalla malattia, che non allungano e abbreviano la vita e che accettano la morte come naturale conseguenza del vivere.

Oggi più che mai queste morti contate, rendicontate, raccontate, pubblicizzate devono servire a farci riflettere perché quando questo maledetto virus la smetterà di tenerci col fiato sospeso e ci permetterà un lungo profondo e vitale respiro, tanti malati continueranno ad andarsene  in modo più silenzioso, senza clamore, rimettendo la morte in quel dimenticatoio sociale di comodo perché le morti “normali„ non fanno notizia e anzi fanno ancor più paura nel loro banale richiamo al “ricordati che devi morire„.

Oggi sono qui a ricordare che il nostro bellissimo paese, che ha legiferato nel 2010 per dare rilevanza ad un diritto che sembrerebbe eticamente implicito e scontato e cioè il Diritto a non soffrire, tutti i cittadini sono curati nella speranza di ridare loro la salute, sono curati quando le malattie non se vanno e li rendono cronici e sono curati quando si avviano al fine della vita con la stessa intensità, professionalità, passione e oserei dire eroismo, di cui molto si parla in questi momenti riferendosi al personale sanitario, perché occorre molto coraggio anche per tenere saldo il proprio sguardo la vita che finisce.

                                                                                                                            Carla Longhi